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Disdetta e periodo di divieto: quali sono le regole?

Robert si ammala, Gianna è incinta e Jan deve prestare servizio militare: durante eventi come questi, le persone interessate sono generalmente protette da una disdetta. Ma quali sono le norme di legge e di cosa devono tenere conto i datori di lavoro in questi casi? Questa breve panoramica cerca di fare chiarezza su disposizioni legali un po’ complicate.

Se una collaboratrice o un collaboratore non si presenta al lavoro per motivi non imputabili a una sua colpa, l’articolo 336c del Codice delle obbligazioni (CO) li tutela, entro certi limiti, da una disdetta. Queste cosiddette circostanze protette, come la malattia o l’infortunio, comportano un periodo di divieto di disdetta che varia a seconda della durata del rapporto di lavoro. La tabella seguente mostra come e per quanto tempo le collaboratrici e i collaboratori sono protetti da una disdetta.

Protezione dalla disdetta e periodi di divieto ai sensi dell’articolo 336c CO

Nel primo anno di servizio 30 giorni
Dal 2° al 5° anno di servizio 90 giorni
A partire dal 6° anno di servizio 180 giorni
In caso di gravidanza Per tutta la gravidanza e 16 settimane dopo il parto
Servizio militare, di protezione civile e civile 4 settimane prima e dopochher
Partecipazione a operazioni di soccorso della Confederazione Durante la partecipazione

 

Se i datori di lavoro comunicano la disdetta durante un periodo di divieto, essa è nulla dal punto di vista giuridico, non ha alcun effetto e dovrà essere nuovamente comunicata dopo la scadenza del periodo di divieto, nel rispetto del termine di disdetta ordinario. Al contrario, una disdetta comunicata prima di un eventuale periodo di divieto è valida. Tuttavia, se ad esempio la persona licenziata subisce un infortunio, il termine di disdetta viene interrotto per la rispettiva durata dell’assenza dal lavoro e prosegue solo in seguito. Quando la continuazione del termine di disdetta scade, termina anche il rapporto di lavoro – per la precisione al primo termine di disdetta possibile, generalmente alla fine del mese.

Un esempio

A metà marzo un’azienda disdice il rapporto di lavoro della sua dipendente di lunga data Luisa Rossi alla fine di giugno, rispettando il termine di disdetta regolare di tre mesi. Durante il termine di disdetta ordinario, Luisa Rossi si ammala per un periodo prolungato di 50 giorni. In questo modo, il termine di disdetta viene interrotto per il periodo di malattia. La disdetta effettiva avviene quindi solo per la fine di agosto, in quanto il termine viene prolungato dei 50 giorni dell’incapacità lavorativa e la disdetta deve avvenire per la fine di un mese.

Termine di disdetta effettivo

N.B.: i periodi di divieto sono rilevanti solo nell’ambito del termine di disdetta effettivo. Spesso accade che i datori di lavoro non comunichino la disdetta soltanto l’ultimo giorno del mese, ma già con un anticipo di giorni o settimane. Il termine di disdetta non inizia infatti dal momento in cui viene comunicata la disdetta – il 15 marzo, nell’esempio sopra riportato – ma solo a partire dal primo termine di disdetta possibile, in questo esempio il 1° aprile.

Ciò significa anche che, se il 16 marzo le collaboratrici e i collaboratori si ammalano per dieci giorni e poi tornano al lavoro, questa assenza dal lavoro non comporta una proroga del termine di disdetta, che inizia quindi il 1° aprile e termina tre mesi dopo con la risoluzione del rapporto di lavoro.

In quali casi non è previsto un periodo di divieto?

Per il legislatore, lo scopo del periodo di divieto è di consentire alle collaboratrici e ai collaboratori a cui è stata data una disdetta di cercare un nuovo posto di lavoro per tutti i tre mesi del termine di disdetta. Tuttavia, il legislatore prevede anche delle restrizioni alla tutela dei dipendenti. In particolare, le norme sul periodo di divieto non valgono:

 

  • per i rapporti di lavoro a tempo determinato
  • in caso di disdetta da parte della collaboratrice o del collaboratore
  • durante il periodo di prova
  • in caso di disdetta immediata
  • in caso di risoluzione di comune accordo

 

A ciò si aggiunge quanto segue: se il periodo di divieto massimo scade e la circostanza protetta – ad esempio una malattia – si protrae oltre 30, 90 o 180 giorni (a seconda del caso), è possibile comunicare la disdetta, anche in caso di malattia, ad esempio se questa si protrae fino a dopo la scadenza del periodo di divieto.

Altre peculiarità delle norme sul periodo di divieto

1. Cumulabilità

  • Circostanze diverse possono far scattare più periodi di divieto, purché siano indipendenti l’una dall’altra. Il servizio militare e una successiva malattia comportano due periodi di divieto separati.

 

2. Sovrapposizione

  • Se due diversi periodi di divieto si sovrappongono, ad esempio un infortunio e una gravidanza, si applica il periodo di divieto più lungo.

 

3. Incapacità lavorativa parziale

  • Anche un’incapacità lavorativa parziale dovuta a una malattia o a un infortunio fa scattare un periodo di divieto e protegge dalla disdetta. Il calcolo avviene indipendentemente dal grado di incapacità lavorativa: un’incapacità lavorativa del 50% comporta un giorno intero di protezione dalla disdetta.

 

Questo articolo mostra che le disdette e i periodi di divieto possono determinare scenari complessi che non sempre si riescono a chiarire in modo univoco. Ogni singolo caso concreto deve essere esaminato e valutato per sé.

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